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l tempo e la relazione

Giovedì 21 Marzo 2019 12:56

Le azioni di marketing, per acquisire nuove basi di clientela e/o per incrementare la spesa media di ciascun consumatore, si stanno intensificando. Anche le promozioni e le campagne pubblicitarie sui vari media sono particolarmente attive. Resta un problema da affrontare: la scarsità del tempo influenza la conoscenza e la capacità di scelta ed occorre cogestire l'imprevedibilità del consumatore.

Secondo una recente ricerca Doxa condotta per Findomestic “i ritmi frenetici della società moderna sbriciolano il tempo libero degli individui e in pochi riescono a sfuggire a questa stretta. Il 55% degli intervistati sul tema del tempo libero afferma di averne poco da dedicare a se stesso o, addirittura, di non averne affatto. Sono soprattutto i 35-44enni (62%) a dichiarare di avere poco, pochissimo, tempo a disposizione. Meno drammatica la situazione tra i giovani: tra i 18-34enni 1 su 2 afferma invece di averne molto/abbastanza. Nel poco tempo libero, la stragrande maggioranza approfitta per rilassarsi / riposarsi: lo pensa il 65% del campione (più marcatamente le donne: 68% contro il 62% degli uomini). Il 18% lo considera un’occasione per imparare o sviluppare abilità (in particolare gli uomini). Mentre il rimanente 17% sfrutta le attività svolte nel tempo libero per stabilire contatti e relazioni sociali (segnatamente i 35-44enni: 22%)”.
Le azioni di marketing, per acquisire nuove basi di clientela e/o per incrementare la spesa media di ciascun consumatore, si stanno intensificando. Anche le promozioni e le campagne pubblicitarie sui vari media soorologi2no particolarmente attive.

Resta un problema da affrontare.
La massiccia e variegata esposizione dei messaggi a cui siamo tutti sottoposti ha raggiunto livelli difficilmente gestibili, se si intende mantenere un buon livello qualitativo sia nella fase di acquisizione di nuova conoscenza sia in quella della selezione dei consumi.
Abbiamo accennato in breve alla situazione, ma lo scenario è certamente più complesso.
Se da un lato il comportamento dei consumatori è mutato, dall’altro ciò è anche dovuto alle scelte delle aziende, che cercano di intercettare attenzione e consumi accrescendo sia le offerte in multicanalità sia le possibilità di operare in self-service.
Nel primo caso aumenta la disponibilità di diversi canali di relazione per far fronte alle esigenze di un cliente sempre meno fedele ad un marchio e che spesso si trova ad affrontare un complesso viaggio esperienziale. Sui vari punti di contatto le aziende stanno rivedendo le proprie politiche di distribuzione e di marketing per garantire integrazione e uniformità dei messaggi.
Per quanto riguarda le operazioni in self-service, grazie anche alle innovazioni tecnologiche - dallo smartphone al riconoscimento della voce - esse risultano molto più diffuse e, per certi segmenti di mercato, stanno diventando le migliori e più usate interazioni tra domanda e offerta.
Il consumatore (ma anche il cittadino) tende a preferire modalità di relazione flessibili e adatte alle proprie esigenze, che siano senza vincoli di tempo e di risorse disponibili da parte delle aziende e delle istituzioni con cui interagiscono. Scrivere in chat o conversare con un bot diventa più comodo e spesso più efficace.
Per le aziende, le scelte in questo senso sono in primis legate a fattori economici. Infatti, con l’automazione è possibile risparmiare sui costi fissi e ridurre i servizi gestiti dal personale, e solo a medio termine i costi delle nuove soluzioni lievitano quando divengono necessarie integrazione e affidabilità elevate per garantire concreti benefici.
Resta il fatto che il consumatore è cambiato e che certi aspetti rischiano di sfuggire di mano ai brand. La possibilità di essere indipendenti nelle scelte ha accelerato la consapevolezza che esistono nuove modalità di fruizione. Se si guarda a tali modalità forse quella più rilevante è legata al fenomeno della condivisione di un bene e/o di un servizio, basti pensare ai car/moto/bike sharing che si sono diffusi oltre ad ogni previsione in molte realtà urbane. La condivisione è frutto delle crisi economiche ed è parte della economia circolare, ma è anche caratteristica dei modelli di comunità di consumo, in cui il “passa parola” è naturalmente incorporato.

Le aziende si chiedono come si possibile recuperare questo nuovo consumatore, ovvero riconquistare la sua attenzione e riposizionare il proprio marchio. Inoltre, si domandano come sfruttare efficacemente l’impiego della AI (e a breve anche dei servizi sviluppabili attraverso IoT e 5G) nei processi di relazione.
Si rischia di applicare l’innovazione tecnologica su attività vecchie e di non intercettare le nuove esigenze dei consumatori non più clusterizzabili secondo i criteri tradizionali.
Eppure le nuove tecnologie sono (e saranno) disponibili proprio per realizzare servizi veloci, proattivi e personalizzati e per supportare le scelte del consumatore nel viaggio che intraprende sui vari punti di contatto.
Bisogna impegnarsi tutti per cambiare l’approccio nei confronti dell’innovazione essere disposti a mettersi in gioco e a sperimentare direttamente le nuove modalità d’uso.
Occorre essere convinti che “il vero protagonista è realmente l’uomo”.
Anni fa per i nuovi prodotti esistevano i libretti di istruzione e spesso si notava come i clienti evitassero di leggerli (a volte erano anche molto complessi) e cercassero subito di passare all’uso del prodotto.
Provare, sbagliare, correggersi e riprovare: si diceva che questo atteggiamento era tipico dei consumatori italiani, troppo creativi! Chissà che questo nostro difetto oggi non possa essere tramutato in pregio!

Ma ritorniamo al “tempo”. In questo contesto non parleremo di effetti su produzione, logistica e distribuzione, ma solo del tempo che i marchi ci impegnano e del tempo che noi consumatori siamo consapevoli di dedicare loro.
Intanto si constata come le aziende cerchino di dare valore al tempo, arricchendolo di piacere e bellezza. Esse intrattengono il consumatore nel punto di contatto, facendo leva sulla sua curiosità e sui suoi interessi.
Per misurare il ritorno di queste azioni non sempre è sufficiente impiegare indicatori tipo NPS. Un risultato efficace è correlato alle azioni di up-selling e cross-selling, specie se queste sfruttano AI e ML per prevedere esigenze e decisioni di acquisto. Se tali soluzioni messe in campo si mostrano efficaci, le aziende posso trarre benefici, anche a breve.
Bisogna, però, tenere conto dell’imprevedibilità del consumatore e, in tal caso, una possibile soluzione consiste nell’affrontare la gestione del suo tempo per consolidare risultati commerciali.
I grandi della digital economy - come Google, Facebook e Amazon - hanno già iniziato questo percorso e forniscono sempre più servizi che entrano (o invadono) lo spazio di tempo (di contenuti e di scelta) dei consumatori. Tenendo conto dei vincoli imposti dalle norme sulla privacy (particolarmente in Europa), alcune aziende scelgono di affiancarsi a questi colossi per proporre la loro bancarella di offerta e ripartire i benefici.
Ma la partita non è chiusa. Certi consumatori hanno consapevolezza dell’autonomia che si sono conquistati e la difenderanno a caro prezzo prima di essere collaborativi. Le aziende che non sposeranno appièno il modello proposto oggi dai big dell’economia digitale potranno affrontare questi interlocutori "creativi", cogestendo sia la relazione che l'esperienza. Anche se può sembrare contradditorio, questo approccio probabilmente farà emergere valori economici per nuove attività. Buon lavoro!

Mario Massone - Markab - Club CMMC - Forum UCC - mario.massone@markab.it


Ultimo aggiornamento Giovedì 21 Marzo 2019 13:09