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Lavoro: autonomia e conoscenza

Mercoledì 27 Febbraio 2013 18:40

L'autonomia nello svolgimento del lavoro, richiede delega e gestione del rischio, ma anche capacità di impiegare competenze sempre aggiornate. Chi rischia di più nell'attuale cambiamento in atto e come UCC può incidere su produttività e organizazzione del lavoro

Abbiamo condiviso su FB una considerazione su come opererà la prossima generazione di responsabili e addetti in azienda. Secondo una "visione anglosassone" essi avranno:
- più clienti, ma meno telefonate (più contatti)
- prestazioni misurate mediante la produttività, non con il tempo trascorso in ufficio
- una capacità di contatti senza precedenti per raggiungere gli altri e risolvere i problemi più facilmente.

La discussione, portata sul mercato italiano, deve tener conto dei soliti vincoli culturali.
A tal proposito, si è saputo che ADAPT ha avviato una ricerca per capire quali sono i vincoli giuridici e sindacali allo sviluppo di forme di lavoro cooperativo, con l'obiettivo di preparare un progetto di legge che consenta alle imprese italiane di superare i vincoli normativi e contrattuali allo sviluppo e radicamento di forme di Management 2.0.

Come sopra detto vi sono alcuni specifici requisiti alla base del nuovo modello del lavoro: autonomia e rischio, intelligenza e conoscenza. 
Si tratta di campi in cui il cosiddetto "lavoro autonomo" si è molto esercitato, mentre i dipendenti (con contratto a tempo indeterminato) forse ne hanno sentito solo parlare.
Tuttavia, va rilevato che nell'attuale situazione economica anche questi ultimi, se vogliono difendere la loro posizione o, meglio, crescere, devono iniziare ad assumersi una parte di rischio della loro attività.

Lo stipendio di un addetto non può più essere commisurato solo al tempo, ma va collegato anche ai risultati raggiunti. Questo "premio di produttività" rappresenta il principale incentivo a utilizzare al meglio l'autonomia che è stata delegata agli addetti.
A parità di mansioni chi raggiunge maggiori risultati deve guadagnare di più rispetto a chi si impegna di meno (si veda la produttività inserita nei contratti di secondo livello).

Certo é un cambiamento rispetto alla situazione tradizionale. Infatti non vanno dimenticati la decennale esperienza della contrattazione collettiva e le legittime tutele sindacali. Tuttavia nemmeno si può pensare di imbrigliare ogni rapporto di lavoro dentro quei contratti e quelle tutele.

L'altro cambiamento riguarda la professionalità e l'intelligenza impiegata dall'addetto nello svolgimento del suo incarico.
Mentre il dipendente tradizionale forniva il suo tempo all'azienda, oggi é indispensabile sviluppare il capitale intellettuale, grazie ad investimenti in formazione che deve diventare continua e, in quanto tale, anche svincolata dall'incarico svolto in un certo periodo.

Nei casi in cui il lavoro professionale considerato "autonomo" abbia messo in buona pratica questi aspetti esso diventa favorito nell'attuale fase di cambiamento, mentre i dipendenti tradizionali saranno incentivati (ma spesso costretti) a cambiare.

In questa complessa realtà del mercato non é più possibile trincerarsi dietro l'affermazione che "in Italia manca la cultura", ma occorre impiegare ogni risorsa per sfruttare una occasione unica.
Nel caso delle tecnologie e dei servizi UCC, essi vanno considerati in quanto possono incidere sulla produttività e sulla organizzzione del lavoro, ma solo se la loro adozione:

  1. diventa pervasiva, anche lungo la filera dei partner
  2. é accompagnata da un convinto e corretto impiego da parte degli utilizzatori (user experience)
  3. realizza l'ottimizzazione dei processi di business.

Pensate a quanti nuovi posti di lavoro si creerebbero se le aziende perseguissero questi obiettivi.

Ultimo aggiornamento Venerdì 01 Marzo 2013 12:45